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Il campione scalzo: Hashim Khan

Notizia del 24/08/2022

Quando un giovane in Italia si avvicina al mondo – ancora in pieno sviluppo nella nostra nazione – dello squash non può che confrontarsi con l’eredità di Davide Bianchetti, il quale è per il movimento italiano oltre che uno dei pionieri di questo sport anche uno dei migliori atleti che il Belpaese abbia finora prodotto in questo sport.

Pensando però a chi potesse prendere esempio il Bianchetti all’inizio della sua carriera non si può che guardare all’estero in quanto lo squash era ed è ancora oggi uno sport praticato in particolare modo nelle terre dove è nato, ossia l’Inghilterra e le sue ex colonie.

E proprio da una ex colonia uscirà la massima espressione sportiva dello squash di tutti tempi: Hashim Khan.

Il campione a piedi nudi

Hashim Khan comincia ad approcciare il mondo dello squash nel circolo ufficiali della base militare dove lavorava il padre a Peshawar, allora una città indiana ancora alle dipendenze della corona inglese e ancora ragazzino insieme ai suoi coetanei faceva da raccattapalle durante le partite degli ufficiali per poi giocare una volta che quest’ultimi se ne fossero andati via.

Durante le sue interviste – nella sua vita Khan sarà sempre molto amichevole e disponibile con la stampa, che adorava le sue esternazioni piene di aforismi e di un certo savoir-faire – Hashim era solito ricordare come i suoi primi passi furono a piedi nudi, sui mattoni, giocando ore e ore con gli altri figli dei militari della base.

Lo squash all’epoca – e ancora oggi, essendo praticato quasi al 100% da laureati nei paesi anglosassoni – era uno degli sport dell’élite che deteneva il potere politico e sociale nella società indiana, ma nonostante questo l’evidente talento di Hashim Khan non tardò a passare inosservato tanto che tra i suoi venticinque e trent’anni nonostante le sue origini era passato da raccattare scalzo i palloni a diventare allenatore degli ufficiali inglesi lì nel campo da squash della base di Peshawar.

Come in altri sport e nella vita anche nella carriera di Hashim c'è stato un momento in cui un celebre aforisma del filosofo e poeta Seneca è stata più che mai veritiera:

“La fortuna è ciò che succede quando la preparazione incontra l’opportunità”

Quel momento fu probabilmente quando un po' per caso si prese coraggio e affrontò un viaggio di due giorni in treno per partecipare al torneo regionale di squash più vicino al luogo dove viveva. Era il 1944 e Khan si laureò per la prima volta campione regionale di squash, titolo che riuscì a difendere senza particolari sforzi anche nei due anni successivi.

Ormai divenuto un giocatore conosciuto in patria la vera svolta della sua vita sportiva avvenne però nel 1951 con la ormai storica partecipazione agli Open di Londra. Lo sportivo nel frattempo era diventato parte della squadra dell’aviazione del neonato Pakistan e fu inviato nel più prestigioso torneo della ormai ex capitale dell’impero britannico e il suo impatto fu a dire poco epico: Hashim si abbatté sul torneo come una palla di cannone abbattendo uno per uno tutti i suoi avversari e incoronandosi come campione indiscusso di quella edizione.

L’impatto di quella vittoria fu incredibile, soprattutto in patria. Il Pakistan aveva ottenuto l’indipendenza solo da quattro anni e al suo ritorno Khan venne trattato come un vero e proprio eroe nazionale, con una fiumana di persone ad aspettarlo alla discesa dall’aeroplano.

A suggellare l’eccezionalità di Hashim ci penserà la sua stessa carriera: quella gli open del 1951 non sarà una vittoria isolata ma solo la prima di sei, mica male per uno che i primi colpi di racchetta li ha dati scalzo in una sperduta base militare nell’entroterra della penisola indiana.

Gli ultimi anni

Hashim Khan verrà a mancare nel 2014 in una età tra i 100 e i 104 anni – nessuno, lui compreso, riuscirà mai a risalire al suo vero anno di nascita, compreso tra il 1910 e il 1914 – lasciando sedici figli e circa una cinquantina di nipoti oltre che ottimi ricordi in tutti quelli che lo hanno conosciuto che solevano ricordarlo come un uomo piacevole e affabile fuori dal campo, un vero campione non solo nello squash ma anche nella vita.












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